Ettore
Mo è uno dei più grandi inviati di guerra che il giornalismo
italiano ha avuto ed ha. Tra tutti i reportage che ha scritto per il
Corriere della Sera, abbiamo scelto tre incipit. Li riteniamo
sufficienti per comprendere la grandezza di un uomo che prima di
raccontare i fatti, li vive.
Le
donne di Ciudad Juárez.
Vittime, madri e sicarie
(Corriere
della sera – 16 agosto 2011)
Al
cimitero di San Rafael, a pochi chilometri da Ciudad Juárez (città
di confine con gli Stati Uniti, un milione e 300 mila abitanti) sono
sepolti i cadaveri di 36 donne — diciotto delle quali mai
identificate— e 19 bambini, tutti vittime della guerra del
narcotraffico. Tra loro una studentessa di appena 16 anni, Rubi,
uccisa a febbraio da un sicario degli Zetas, il gruppo più
aggressivo dei Signori della droga: lo stesso che avrebbe poi
provveduto ad eliminare, dietro ordine del capobanda Hariberto
Lazcano detto El verdugo, il boia, la madre della ragazza, abbattuta
a raffiche di mitra mentre denunciava l’impunità dei banditi
davanti al municipio di Chihuahua, capoluogo della regione.
Marzialmente definite chicas Kalashnikov per l’arnese che portano
sempre in spalla quando scendono sul sentiero di guerra contro i sei
gruppi armati dei narcotrafficanti, le amazzoni messicane se le
devono pure vedere con gli schieramenti interni: quale il Cartello
del Golfo, in perenne rivalità (talvolta cruenta) con la compagine
narco-militare degli Zetas. Per Hillary Clinton, i narcos sono
«un’insurrezione criminale», una bestiaccia nata o cresciuta
grazie anche al massiccio contributo degli Usa. Come dimostra il
fatto che ogni anno gli americani mandano in fumo 65 miliardi di
dollari per alimentare il mercato degli stupefacenti, marijuana,
coca, eroina, metanfetamine, provocando stordimenti e deliri di
massa. Solo a Ciudad Juárez vivono (o sopravvivono) 80 mila
cocainomani. (...)
Ritorno
ad Haiti, l'isola dei bambini perduti
(Corriere
della sera 11 novembre 2012)
Il
fascino è sempre quello: e ne rimani stregato mentre all'aeroporto
il taxi procede in salita verso il centro della capitale, le
minuscole case aggrappate alla montagna come greggi di pecore o capre
sugli alti pascoli.
Questa
volta, però, l'isola porta i segni della catastrofe che l'ha colpita
dopo il devastante terremoto del 12 gennaio 2010, cui fece seguito
l'epidemia di colera - ora agli sgoccioli, con gli ultimi decessi a
fine ottobre - con oltre settemila morti.
Un
rapido pellegrinaggio nella tragedia mi conduce al villaggio di
Calaville, nel Sud del Paese - dove incontro Madame Billy, una
signora di 35 anni, che vive in una casa di tre metri per quattro,
fatta di terra e giunchi. Era appena passato l'Uragano Sandy -
racconta - e lei ha vissuto «ore terribili» nel timore che si
portasse via in una raffica lei e i suoi sei figli, la sua casa, i
suoi animali e anche l'orticello. (...)
Gonfiate
con le pillole delle mucche a 11 anni. Le schiave del sesso in
Bangladesh
(Corriere
della sera – 19 agosto 2012)
Fanciulle
di undici-dodici anni vittime di stupri quotidiani. Ragazzine che
ogni giorno si accoppiano con cinque-sei uomini diversi per qualche
soldo da portare a casa, a sostegno del magro bilancio familiare.
Incessante, inoltre, l'attività dei bordelli legalmente autorizzati
della città di Faridpur (due ore di macchina a sud-est della
capitale) dove un migliaio di prostitute è al lavoro sette giorni la
settimana, senza tregua. Così come avviene nell'isola di Bani
Shanta, interamente popolata dalle «sex workers», le così dette
«operaie del sesso», che alleviano la solitudine di turisti,
marinai, scaricatori di porto e miriadi di sfaticati di ogni genere.
In realtà, i dati delle statistiche sulla prostituzione - che sembra
essere la maggiore «industria» del Paese - vanno continuamente
aggiornati: e non dev'essere stata poca la sorpresa - anzi, lo
stupore - per i forestieri di passaggio quando, tempo fa, appresero
dai giornali che il flusso dell'acqua nelle fogne era stato
inesorabilmente bloccato da una «barriera di preservativi».
Samuele
Galeotti è nato a Urbania (PU) e vive a Noale (VE). Negli Anni '70,
scopre la passione per la fotografia e scatta le prime foto in bianco
e nero sull'ambiente e sui personaggi della sua città, curandone
personalmente tutti i passaggi, dal negativo alla stampa in camera
oscura. In seguito, con uno studio serigrafico di Urbino, sperimenta
il trasferimento delle sue immagini in serigrafie a mano e a tiratura
limitata. Il paesaggio, rurale e urbano, è una sua costante, quasi
un'ossessione, e si trasforma in luogo di riflessione interiore, in
rivelazione poetica e illuminante, senza mai perdere solidi tratti
realistici. Grazie a questi ultimi si fissano gli aspetti più
autentici e inediti dei luoghi che ha davanti, senza disdegnare gli
scatti provocatori e ironici del vivere quotidiano. Dopo periodi più
o meno intensi di ricerca, di mostre e concorsi in cui ha conseguito
premi e riconoscimenti, la sua attenzione si è rivolta sempre più
alla progettazione e alla realizzazione di libri come autore, nei
quali ha sviluppato il suo eclettismo e la sua sensibilità visiva
con diversi e articolati linguaggi fotografici.
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