14
Giugno 1972
In
un pomeriggio afoso, dove tutto sembrava statico e rarefatto, dove i
pensieri rallentavano e le azioni implodevano, l’aria tremula
trasformava in miraggio balconi e lampioni. Accadeva così che il
consueto banale trasferiva i propri elettroni in una dimensione
sofisticata, leggera e delicata. Impercettibile.
Elisa
guardava al di sopra della sua testa, come rapita da una vista
inaspettata quanto incomprensibile. Grigio, pezzato di bianco, il
gatto camminava sul tetto e da lì guardava il giardino, guardava
Elisa e non capiva quello sguardo persistente di ragazzina.
Qualche
passo indietro ed il tetto era un mondo intero, un altro e diverso. E
solo suo. Tegole consumate dal tempo, angoli di muschio e resti di
nidi. Oggetti piovuti chissà quando e chissà come. Oggetti non più
definiti, inutilizzabili e che, a loro volta, racchiudevano altri
misteri e sorprese. Dentro di essi restavano le tracce di molti
passaggi, mani del passato, della pioggia, dei detriti, del sole. I
colori erano consumati, scoloriti. Slavati. Solo all'interno restava
traccia delle tonalità originarie e di certi dettagli che potevano
far intuire, a mente umana, gli utilizzi. Solo all'interno restavano
i segni dell'identità perduta, restavano i ricordi, conservati e non
svelati.
Il
trillo della sveglia riportò la realtà al suo piano dimensionale.
Elisa aveva 14 anni e la scuola era il pensiero più immediato mentre
faceva una sbrigativa colazione. Del sogno, più nulla. Nessun
ricordo.
Passarono
gli anni, afflitti da un progresso scolastico inappetibile e osannati
da sensazioni e speranze.
Il
tempo fu veloce, tra lavori che cambiavano ed amanti che svanivano,
mentre le città erano inesorabilmente tutte uguali e le case sempre
troppo strette.
Nell’estate
del 2012 prese in affitto una casa in campagna, per un breve periodo,
per riposarsi e riposizionarsi, per stare un po’ con se stessa.
Sdraiata all’ombra dell’olmo, tra ciliegi ed oleandri, immersa in
pensieri, nostalgie e qualche rimpianto, volse casualmente lo sguardo
in alto, verso la casa all’indirizzo del tetto. E non poté evitare
un soprassalto del corpo e un turbinio di emozioni: occhi di gatto la
stavano osservando.
Quarant’anni dopo riaffiorò nella coscienza e nella sua pienezza il sogno dell’adolescenza. Ecco, allora, i frammenti di una vita, tra le tegole, scoloriti ma non persi, apparentemente discontinui ma in realtà legati in un tempo ciclico, tesoriere di ogni istante. Quella ciclicità che talvolta ciascuno vede in sé, quando si chiudono gli occhi, appoggiando la fronte alle ginocchia. Seduti da qualche parte, si lasciano vagare i pensieri, senza una meta. Frammenti di un mosaico mai concluso: la nostra permanenza sul pianeta.
Quarant’anni dopo riaffiorò nella coscienza e nella sua pienezza il sogno dell’adolescenza. Ecco, allora, i frammenti di una vita, tra le tegole, scoloriti ma non persi, apparentemente discontinui ma in realtà legati in un tempo ciclico, tesoriere di ogni istante. Quella ciclicità che talvolta ciascuno vede in sé, quando si chiudono gli occhi, appoggiando la fronte alle ginocchia. Seduti da qualche parte, si lasciano vagare i pensieri, senza una meta. Frammenti di un mosaico mai concluso: la nostra permanenza sul pianeta.
Elisa
iniziava a capire, ma il gatto non c’era più, era già andato via.
Non aveva bisogno di continuare un dialogo silente. Nell’eterno
gioco di preda e predatore, rincorreva le lucertole che di tegola in
tegola cercavano un nascondiglio. Il cielo era terso, i colori
saturi, l’aria limpida e portatrice degli odori reali. L’ombra
dell’olmo era piena e i pensieri, finalmente, lasciavano spazio ad
un abbandono pacificato, privo di attese, pieno della liberazione
dell’attimo presente.
Giampietro
De Angelis è autore di racconti brevi. La scrittura è un esercizio
dialettico: giocare con l’idea, per distillare il concetto da
esprimere e condividere. Al suo attivo, la breve raccolta “All’ombra
del punto”.
Foto di Dante Marcos Spurio
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