Il pesce rosso
Vive
in una boccia di vetro larga un palmo d’uomo.
Il
tempo è misurato dallo scorrere dell’acqua tra le branchie, dal
cibo che galleggia, dalle luci che si accendono e si spengono.
Le
pareti che racchiudono il liquido sono trasparenti e deformano
l’ambiente al di là di esse. A malapena percepisce piante, mobili,
corpi. Uno in particolare sfiora delicato il cristallo facendo
vibrare le sue viscere con un misto di dolore e gioia. Nei travasi si
sono toccati: il calore della pelle ruvida ha suscitato emozioni in
lui, abituato com’è al freddo.
D’improvviso,
per più di una settimana, gli furono negate le poche scaglie di
mangime e, ancora peggio, non ricevette acqua fresca per respirare.
Inutilmente boccheggiava in superficie alla ricerca d’aria. Sfinito
si posò sul fondo piatto, percependo un gelo crescente.
Fu
allora, solo allora, che comprese di avere paura, non di morire –
che senso aveva, si era sempre chiesto, trascorrere il tempo nuotando
in attesa del pasto? - ma di essere solo. Capì il perché
dell’emozione al contatto delle calde dita e pensò, per la prima
volta, ai suoi simili. Esisteva qualcun’altro che assomigliasse
all’immagine riflessa dalla vitrea parete? Era troppo tardi per
domandarselo. Degli spasmi diffusi nel corpo rendevano impossibile il
pur minimo spostamento.
E
perché moriva? Si chiese. Perché soprattutto era vissuto? Forse non
a lungo, ma era vissuto.
Un
pesce non piange: le sue lacrime non hanno la forza di uscire contro
la pressione, un pesce muove la bocca sempre più lentamente come
stupito che tutto stia finendo.
Ci
fu un bagliore che invase il liquido ormai lattescente, la solita
mano cambiò l’acqua, e lui tornò lentamente a rivivere. Ma i
quesiti suscitati dal pericolo estremo non l’hanno più
abbandonato,
diffondendo
una spessa tristezza nel fluido intorno.
Un
avvenimento inatteso spezzò la ciclicità senza fine del tempo: la
stessa persona si avvicinò al vaso e ci pose dentro un altro pesce.
È più piccolo di lui, ancor più rosso, con due protuberanze sotto
il collo che lo rendono grazioso o meglio graziosa, perché ha
scoperto che è femmina.
La
prima scaglia colorata aspetta che la mangi lei nel timore che non ne
giunga una seconda e le danza intorno senza posa. Ogni notte cerca la
pelle scivolosa come la sua che rassicura e aumenta la
certezza
del domani.
Ha
immaginato, forse in sogno, un ampio lago di acqua limpidissima e
loro dentro, liberi e felici.
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